I rifiuti speciali non pericolosi sono materiali di scarto di origine industriale che non contengono sostanze nocive, quali sostanze infettive, tossiche, sensibilizzanti, mutagene o corrosive.
A differenza dei rifiuti speciali pericolosi, non rappresentano un pericolo diretto e concreto per la salute umana e l’ambiente. Possono trovarsi allo stato solido o liquido, sfusi o imballati, conservati all’interno di contenitori, cisterne o serbatoi.
Ecco qualche esempio di rifiuti speciali non pericolosi:
- mattonelle, ceramiche;
- imballaggi di legno, vetro, acciaio, alluminio, carta e plastica;
- metalli non contaminati da sostanze pericolose;
- rifiuti elettronici non pericolosi;
- terra e rocce non contaminate da sostanze pericolose;
- rifiuti tessili;
- rifiuti da estrazione di minerali metalliferi;
- indumenti monouso, ingessature, lenzuola.
Il fatto che i rifiuti speciali non pericolosi siano privi di sostanze nocive non significa che non possano avere una natura inquinante. Come accade con i rifiuti speciali pericolosi, le operazioni di raccolta, trasporto, smaltimento e recupero devono essere affidate a tecnici specializzati, che conosco a fondo la normativa in vigore.
1. Rifiuti derivanti da attività commerciali
Le attività commerciali producono rifiuti speciali che, sebbene non contengano sostanze nocive, richiedono trattamenti specifici a seconda del settore di riferimento. La legge ne regolamenta la gestione e prevede una serie di obblighi per i produttori.
I principali rifiuti speciali non pericolosi derivanti da attività commerciali sono:
- oli esausti prodotti da attività di ristorazione;
- imballaggi di legno, vetro, acciaio, alluminio, torner, carta e plastica.
Le attività di ristorazione, come ristoranti, pizzerie, bar, pasticcerie, alberghi, rosticcerie e food truck, producono una grande quantità di oli vegetali esausti di frittura e oli per la conservazione degli alimenti. Non sono biodegradabili e, se dispersi in acqua, causano danni all’ambiente: formano una pellicola sulla falda acquifera e rendono l’acqua non potabile. Gettare oli esausti nelle fogne, inoltre, può danneggiare gravemente le tubature.
La legge ne vieta l’abbandono nel suolo e nel sottosuolo, nonché l’immissione nelle acque, e obbliga chi li produce a conferirli ai centri autorizzati che si occupano dello smaltimento.
Attraverso le operazioni di raccolta e smaltimento, gli oli esausti derivanti da attività di ristorazione possono essere rigenerati e utilizzati per produrre oli lubrificanti per i motori e i materiali edili. Questo non solo contribuisce a ridurre l’inquinamento ambientale, ma assicura anche un risparmio energetico nella produzione di oli sintetici.
Dalla piccola alla grande distribuzione, dai magazzini ai supermercati, fino ai piccoli negozi di quartiere: gli imballaggi di legno, vetro, acciaio, alluminio, carta e plastica sono rifiuti speciali non pericolosi che le attività commerciali producono quotidianamente.
Si distinguono in imballaggi:
- primari o per la vendita: packaging che contengono o racchiudono i prodotti pronti per la vendita al consumatore finale;
- secondari o multipli: raggruppamenti di imballaggi primari che facilitano la commercializzazione dei prodotti nei punti vendita;
- terziari o per il trasporto: concepiti per facilitare la manipolazione e il trasporto delle merci ed evitare danni durante la movimentazione di materie prime e prodotti.
La legge vieta l’immissione degli imballaggi terziari nel circuito dei rifiuti urbani. Gli imballaggi secondari, invece, possono essere conferiti al servizio pubblico purché sia attiva la raccolta differenziata. In caso contrario, come quelli terziari, devono essere smaltiti tramite centri autorizzati al ritiro, al trasporto e allo smaltimento di rifiuti industriali.
2. Rifiuti edili e tessili
Le imprese edili svolgono attività che si diversificano per mezzi impiegati, materiali utilizzati e tecniche di lavorazione adottate, generando una grande quantità di rifiuti speciali non pericolosi.
Gestire rifiuti di questo tipo nel modo corretto è importante per non incorrere in sanzioni. Il riferimento è la classe 17 dell’elenco dei codici CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti), che definisce i rifiuti edili non pericolosi “rifiuti di operazioni di costruzione e demolizione”. Fanno parte di questa classe diversi materiali, tra cui:
- cemento;
- mattoni;
- mattonelle;
- legno;
- vetro;
- plastica;
- miscele bituminose;
- rame;
- bronzo;
- ferro;
- acciaio;
- terra e rocce.
La normativa prevede che i rifiuti edili non pericolosi debbano essere depositati temporaneamente in cantiere. I materiali di scarto generati da piccoli interventi edili e attività di manutenzione, invece, possono essere trasportati presso la sede dell’impresa ed essere depositati in un’area dedicata. In entrambi i casi, non sono necessarie autorizzazioni.
I rifiuti edili devono essere suddivisi per categoria, utilizzando appositi imballaggi su cui apporre un cartello che riporta il codice CER identificativo del rifiuto. Il trasporto presso un centro di smaltimento autorizzato deve essere affidato ad un’impresa autorizzata, iscritta all’Albo Nazionale Gestori Ambientali.
Per i rifiuti provenienti dall’industria tessile, il codice CER generale di riferimento è lo 04. Queste sono le principali tipologie di rifiuto tessile:
- rifiuti da materiali compositi, come fibre impregnate, elastomeri e plastomeri;
- rifiuti da fibre tessili grezze;
- rifiuti da fibre tessili lavorate;
- imballaggi in materia tessile;
- prodotti tessili;
- abbigliamento.
Di queste categorie fanno parte i materiali di scarto che provengono dalla produzione di filati e tessuti. Ma non solo: anche i rifiuti originati dai processi di confezionamento dei capi d’abbigliamento e dalle attività di retail. Si tratta perlopiù di rifiuti post-industriali, ovvero di scarti pre-consumo.
Poiché provengono da materie prime naturali, artificiali o sintetiche non sono rifiuti speciali pericolosi. Tuttavia, devono essere smaltiti nel modo corretto perché impiegano molti anni per degradarsi, inquinando il suolo e le falde acquifere.
La modalità di smaltimento varia a seconda della tipologia di tessile, dal suo impatto ambientale e dalla sua redditività economica. Dove possibile, i rifiuti tessili vengono utilizzati per la produzione di nuovi prodotti oppure riciclati.
Dopo essere stati ritirati, i materiali di scarto vengono triturati. Una volta effettuata la triturazione, si procede al riciclo, che può riguardare la fabbricazione di pannelli isolanti, elementi d’arredo o materiali edili.
3. Rifiuti elettronici non pericolosi
I rifiuti elettronici non pericolosi sono apparecchiature elettriche ed elettroniche, inclusi componenti, sottoinsiemi e materiali di consumo parte integrante del prodotto, che non contengono sostanze nocive per la salute e l’ambiente.
I principali apparecchi che rientrano in questa categoria sono:
- basi PC e notebook;
- laptop senza batteria;
- stampanti prive di cartucce;
- fotocopiatrici;
- scanner;
- fax;
- mouse e tastiere;
- telefoni fissi da scrivania;
- telefoni cellulari;
- tablet;
- telefoni cordless;
- server;
- firewall, access point, modem, accessori networking;
- registratori di cassa;
- lettori di codici a barre.
Per la raccolta bisogna utilizzare appositi contenitori, prestando attenzione a non inserire nello stesso box dispositivi ed elementi non conformi al trattamento dei RAEE non pericolosi, come le pile. Anche lo smaltimento dei rifiuti elettronici non pericolosi deve essere affidato ad imprese specializzate.
Noi di Selin siamo attivi su tutto il territorio nazionale e supportiamo aziende pubbliche e private nel ritiro, nella raccolta, nella gestione e nello smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi. Grazie all’esperienza maturata nel settore e al parco mezzi di cui disponiamo, siamo in grado di soddisfare ogni tipo di esigenza e di garantire al cliente un servizio completo e su misura.